Procreazione assistita

Fernando Mazzilli, Michele Delfino, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma

 

Nei casi di infertilità in cui il problema non è risolvibile con la fecondazione per via naturale, si può ricorrere, previo counselling psicologico e genetico, a programmi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Tale decisione dipende da vari fattori: grado di compromissione reale della potenzialità riproduttiva della coppia (causa dell’infertilità, riserva ovarica), durata nel tempo dell’infertilità, equilibrio della vita sessuale, possibilità e disponibilità a sottoporsi a iter diagnostici-terapeutici a volte ripetitivi, e ultimo, certamente non per importanza, l’età, soprattutto della donna. Infatti, la fecondabilità della donna diminuisce in modo significativo e progressivo dopo i 40 anni, soprattutto nei programmi di PMA.

 

NORMATIVA
Le “Norme in materia di PMA” sono oggetto della Legge n. 40/2004. Questa legge è stata ed è tuttora oggetto di dibattiti di tipo etico e legislativo, e i vari divieti sono stati via via abbattuti. In particolare:

  • divieto di diagnosi pre-impianto: è stato rimosso con sentenza del TAR Lazio 2008;
  • divieto di produzione di più di tre embrioni, divieto di crio-conservazione embrioni ed obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti: sono stati rimossi con sentenza della Corte Costituzionale 151/2009;
  • divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche: è stato rimosso con sentenza di condanna della Corte Europea dei Diritti dell’uomo 29 agosto 2012 nei confronti dell’Italia;
  • divieto di fecondazione eterologa (ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi in casi di infertilità assoluta): è stato definito illegittimo con sentenza n. 162 della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, a seguito del ricorso incidentale presentato dai tribunali di Milano, Catania e Firenze.

Permane il divieto di donazione di embrioni, la sperimentazione su questi, e l’impiego di tecniche di PMA a coppie con partner dello stesso sesso e maternità surrogata.
Dopo la promulgazione della legge 40/2004, è stato istituito il Registro Nazionale di PMA, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, che consente di censire tutti i centri che operano sul territorio e di verificarne l’attività e le prestazioni offerte. Viene qui di seguito riportata la sintesi dei dati relativi al 2013, in cui sono presi in considerazione: 369 centri di PMA attivi in tutta Italia, 71.741 coppie trattate, 91.556 cicli di trattamento iniziati, 15.550 gravidanze ottenute, 13.770 gravidanze monitorate, 10.350 parti ottenuti, 12.187 bambini nati vivi (2.4% del totale dei nati in Italia nel 2013) (1).
I requisiti per l’accesso alle tecniche di PMA prevedono l’esecuzione di esami “pre-concezionali”, in primis lo screening per le patologie genetiche e infettive (vedi i capitoli di diagnostica nell’uomo e nella donna).
Le linee guida per le procedure di PMA in Italia vengono aggiornate ogni 3 anni. Le più recenti sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 14.07.2015, Serie Generale n. 161 (2). L’accesso a queste tecniche dovrebbe essere consentito, come recita la Legge 40, soltanto “quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione … documentate da atto medico” e deve seguire i principi di gradualità e del consenso informato. La certificazione dello stato di infertilità per l’accesso alle tecniche è effettuata dal medico responsabile del Centro PMA o dagli specialisti medici di volta in volta competenti, quali: uno specialista in genetica medica per le patologie genetiche, un ginecologo per le patologie femminili e un endocrinologo con competenze andrologiche ovvero un urologo con competenze andrologiche per le patologie maschili.

 

TECNICHE DI PMA  (3-4) 

IUI (Intra Uterine Insemination) (5)
Indicazioni: disfunzione erettile, dispermia di grado lieve/medio, ostilità del muco cervicale, anomalie anatomiche vaginali o peniene, presenza di dispareunia, ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione dell’ovulazione e rapporti mirati. Può essere inoltre indicata in coppie discordanti per patologie infettive (HIV).
Pre-requisiti:

  • femminili: pervietà e buona funzionalità tubarica, assenza di patologie uterine;
  • maschili: presenza di spermatozoi mobili.

Descrizione: è una tecnica di 1° livello senza prelievo di ovociti, che prevede l’immissione mediante un catetere flessibile del liquido seminale, precedentemente preparato, all’interno della cavità uterina o in una variante (ICI) nella cervice.
Preparazione donna: la IUI può essere effettuata in ciclo spontaneo (con il monitoraggio del follicolo che si sviluppa spontaneamente), ma più frequentemente si effettua una stimolazione ovarica con clomifene o gonadotropine. Dopo il raggiungimento del diametro > 18 mm da parte di uno o più follicoli, si procede con la somministrazione di hCG, e a distanza di 12-24 h si procede con l’inseminazione.
Preparazione seme (6): l’obiettivo è quello di separare gli spermatozoi dal plasma seminale, sostituendolo con un terreno di coltura con pH ed equilibrio acido-base ottimali, al fine di ottenere un’alta percentuale di cellule mobili, morfologicamente normali, e fornire un campione incontaminato. Le tecniche più utilizzate sono:

  • lavaggio semplice: questa semplice procedura può essere utilizzata per la preparazione di spermatozoi per la IUI e permette un recupero maggiore di spermatozoi ed è indicata nei casi in cui i campioni di liquido seminale sono di buona qualità;
  • swim-up: prevede una migrazione attiva di spermatozoi dal plasma seminale (da pellet, dopo centrifugazione e diluizione) in un terreno di coltura appropriato e con incubazione a 37°C per 30-60 minuti prima dell’immissione nella cavità uterina; questa tecnica è indicata prevalentemente in condizioni di normospermia o dispermia di grado lieve/medio, ed è quella più utilizzata per la IUI;
  • separazione per gradiente di densità discontinuo: consiste nella centrifugazione di plasma seminale su gradienti di densità costituiti da silice colloidale rivestita con silano. Le cellule vengono separate a seconda della loro densità; inoltre, gli spermatozoi mobili migrano attivamente attraverso il gradiente per formare un sottile pellet alla base del tubo di centrifugazione. Si procede all’immissione nella cavità uterina, previa incubazione a 37°C per 30-60 minuti. Questa procedura permette di recuperare un maggior numero di spermatozoi mobili ed è pertanto da preferire in condizioni di oligo-asteno-teratozoospermia moderata/severa.

 

Le tecniche di 2° e 3° livello prevedono il prelievo ovocitario e la fertilizzazione in vitro; le tecniche vengono definite di 3° livello se effettuate in laparoscopia con anestesia generale.

 

IVF-ET (In Vitro Fertilization – Embryo Transfer)  (7) 
Indicazioni: impervietà tubarica o presenza di endometriosi (III-IV grado).
Pre-requisiti:

  • femminili: assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata;
  • maschili: normospermia o dispermia di grado lieve.

Descrizione della tecnica: messa a punto da Steptoe e Edwards negli anni ’70, con la nascita della prima bimba, Louise Brown, nel luglio del ’78. Prevede l’incontro e la fecondazione in vitro di ovociti prelevati mediante pick-up da parte di spermatozoi precedentemente sottoposti a preparazione specifica.
Preparazione donna  (8): i  protocolli di stimolazione follicolare prevedono una combinazione di gonadotropine e analoghi o antagonisti del GnRH, con la finalità di inibire il processo di selezione spontaneo di un follicolo dominante e di permettere una crescita follicolare multipla. La scelta del protocollo, del farmaco e del suo dosaggio è valutata caso per caso, in base all’età della paziente, della riserva ovarica e alle sue caratteristiche ovulatorie. Possono essere raggruppati nelle seguenti categorie:

  • protocollo lungo con analoghi (agonisti) del GnRH (Triptorelina, Leuprolide, Buserelin): prevede la somministrazione di FSH a partire dal 3° giorno del ciclo mestruale (con o senza aggiunta di LH nella fase follicolare avanzata), dopo un pre-trattamento con analoghi GnRH. Questo pre-trattamento inizia il 21° giorno del ciclo precedente a quello in oggetto e determina inibizione della produzione endogena di LH e di FSH e impedisce picchi prematuri di LH che possono determinare la maturazione e la deiscenza dei follicoli prima del prelievo degli ovociti. Una variante è costituita dall’utilizzo degli analoghi del GnRH in fase più tardiva, ovvero dal 2°-3° giorno del ciclo, insieme alle gonadotropine. Questo tipo di protocollo (breve flare-up) è da considerarsi piuttosto aggressivo ed è quindi opportuno utilizzarlo, per l’alto rischio di iperstimolazione, esclusivamente in donne poor responders;
  • protocollo breve con antagonista GnRH: prevede la stimolazione ovarica (FSH ed LH) a partire dal 2°-3° giorno, senza pretrattamento con analogo del GnRH, ma con la somministrazione di antagonisti (Cetrotide, Orgalutran) quando i follicoli cominciano ad avvicinarsi ai criteri di maturità (un follicolo con diametro di 12-13 mm o almeno 6 follicoli con diametro di 11 mm), ovvero intorno all’8°-9° giorno, per prevenire il fisiologico picco di LH endogeno e quindi l’ovulazione spontanea. L’utilizzo di questo protocollo riduce il rischio di iperstimolazione ed è pertanto consigliato soprattutto in donne con PCOS.

In entrambi questi protocolli, la somministrazione di FSH è necessaria ad annullare il meccanismo di selezione del follicolo dominante e quindi a permettere la crescita di più follicoli.
Quando i follicoli sono maturi, dopo accurato monitoraggio ecografico e valutazione dei livelli di estradiolo, si procede con la somministrazione di hCG o di rhCG (5000-10000 UI). Dopo 24-36 ore dalla somministrazione dell’hCG, si procede al recupero ovocitario (pick-up).
Pick-up: viene effettuato tramite introduzione in vagina di una sonda ecografica, provvista di supporto che consente il passaggio dell’ago. Si penetra attraverso il fornice vaginale, si raggiungono le ovaie e si procede con l’aspirazione dei singoli follicoli ovarici. Il liquido follicolare contenente gli ovociti viene posto in una provetta sterile; gli ovociti recuperati, prima di essere posti in specifici terreni di coltura, vengono classificati, in base alla morfologia, in:

  • maturi (MII): evidenza di 1° globulo polare – metafase II;
  • immaturi (MI): metafase I;
  • molto immaturi (VG): presenza di vescicola germinale – profase I.

Gli ovociti MII rappresentano il livello ottimale di maturità per le tecniche di PMA.
Preparazione seme: è analoga a quella utilizzata nella IUI (swim-up e separazione per gradiente di densità discontinuo), ma con tempi di incubazione più lunghi, in quanto ha come obiettivo la “capacitazione in vitro” dello spermatozoo; lo spermatozoo deve cioè essere in grado di acquisire la motilità iperattivata e la reazione acrosomiale.
Fecondazione: gli spermatozoi preparati e gli ovociti recuperati vengono posti in incubatore e dopo circa 24 ore viene valutata l’avvenuta fecondazione.
Incubazione: gli ovociti eventualmente fecondati vengono posti in appositi terreni di coltura in incubatore fino al 3°-5° giorno dello sviluppo embrionale, ossia fino al momento del transfer o della crio-conservazione.

 

ICSI (Intra Cytoplasmic Sperm Injection)  (9) 
Indicazioni: oltre a quelle relative alla IVF/ET, un’indicazione molto frequente è data da una condizione di dispermia di grado severo (da cause genetiche e non), di criptozoospermia o di azoospermia, previo recupero di spermatozoi dal testicolo o dall’epididimo, oppure ridotto recovery di ovociti.
Pre-requisiti: assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata.
Descrizione della tecnica: questa tecnica, messa a punto da Palermo nel 1992, prevede la micro-iniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno del citoplasma di un ovocita in metafase II, rimosso dalle cellule del cumulo dopo aver esposto quest’ultimo all’azione dell’enzima ialuronidasi.
Preparazione donna: come nel programma FIVET.
Preparazione seme: la preparazione del seme, oltre alle tecniche di preparazione sovra-esposte (swim-up e separazione per gradiente di densità discontinuo) e alla capacitazione, prevede anche l’“immobilizzazione meccanica” degli spermatozoi, per permetterne l’iniezione all’interno dell’ovocita.
Incubazione: gli ovociti eventualmente fecondati vengono posti in appositi terreni di coltura in incubatore fino al 3°-5° giorno dello sviluppo embrionale, fino al momento del transfer o alla crio-conservazione.

 

Trasferimento dell’embrione (Embryo Transfer, ET)
A seguito di entrambe le tecniche, il trasferimento in utero viene effettuato in 3° giornata (8-10 cellule) o in 5° giornata, allo stadio di blastocisti (circa 100 cellule), oppure nei cicli successivi, previo crio-congelamento degli embrioni (vedi tecniche).
L’ET avviene mediante l’utilizzazione di un catetere morbido per via trans-cervicale con guida ecografica. Successivamente, la donna può essere sottoposta a trattamento con progestinici allo scopo di supportare il trofismo embrionario.
Dopo 14 giorni dal transfer si effettua il dosaggio della β-HCG per valutare l’eventuale impianto dell’embrione.

 

GIFT (Gamete Intra Fallopian Transfer) (10)
È una tecnica proposta da Asch nel 1984, che prevede il contemporaneo trasferimento dei gameti (sia maschili che femminili) nella tuba di Falloppio attraverso un catetere flessibile. Il razionale è quello di permettere l’incontro dei gameti nella sede naturale della fecondazione. Ad oggi questa tecnica è utilizzata in alcuni centri prevalentemente per motivi religiosi.

 

Altre tecniche, quali la ZIFT (trasferimento intra-tubarico di zigoti) e la TET (trasferimento intra-tubarico di embrioni) sono ormai pressoché in disuso.

 

Tecniche di PMA
Tecnica 1° livello 2°-3° livello
IUI FIVET ICSI
Modalità Introduzione del liquido seminale, precedentemente preparato, all’interno della cavità uterina mediante catetere flessibile. Incontro e fecondazione in vitro di ovociti, precedentemente prelevati mediante pick-up, da parte di spermatozoi, precedentemente preparati. Micro-iniezione dello spermatozoo all’interno del citoplasma ovocitario.
Pre-requisiti Pervietà e buona funzionalità tubarica, assenza di patologie uterine, spermiogramma lievemente o moderatamente compromesso. Assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata, spermatozoi dotati di motilità (oligozoospermia non severa). Assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata.
Indicazioni Disfunzione erettile, dispermia di grado lieve/medio, anomalie anatomiche peniene.
Ostilità del muco cervicale, anomalie anatomiche vaginali, presenza di dispareunia.
Coppie discordanti per patologie infettive (HIV).
Precedenti fallimenti IUI, fattore tubarico, endometriosi, dispermia moderata-severa. Come FIVET.
Fattore maschile severo (anomalie genetiche, criptozoospermia, azoospermia ostruttiva).
Risultati* Coppie trattate 17.218 54.523
Cicli iniziati 27.109 64.447
Gravidanze ottenute/ cicli iniziati 2.775 (10.2%) 12.775 (19.8%)

*Dati del report 2013 dell’Istituto Superiore di Sanità

 

Azoospermia, eiaculazione retrograda e aneiaculazioneÂÂ
In caso di azoospermia è possibile ricorrere a tecniche di recupero di spermatozoi dagli epididimi, mediante la Percutaneous Epididymal Sperm Aspiration (PESA) e la Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration (MESA), oppure direttamente dai testicoli mediante la Testicular Sperm Aspiration/Fine Needle Aspiration (TESA/FNA), la Testicular Sperm Extraction (TESE) e la micro-TESE, che prevede l’utilizzo del microscopio durante la procedura (11-13).
Le tecniche di aspirazione (PESA, TESA) sono utilizzate soprattutto a scopo diagnostico nei casi di sospetta azoospermia ostruttiva; tuttavia, se il recupero nemaspermico è soddisfacente, queste tecniche possono essere utilizzate per programmi di PMA. Nei casi di oligozoospermia severa o di azoospermia non ostruttiva sono invece indicate le tecniche “estrattive” (MESA e, più frequentemente, TESE e micro-TESE).
Lo Sperm Retrieval Rate (SRR), ossia la percentuale di casi in cui vengono recuperati degli spermatozoi, è molto elevata in condizioni di azoospermia ostruttiva e di oligozoospermia di grado severo. Nelle azoospermie non ostruttive, l’SRR riportato è molto variabile (5-55%) a seconda dell’eziopatogenesi dell’azoospermia, dei livelli di FSH e della tecnica utilizzata (TESE o micro-TESE).
In caso di eiaculazione retrograda, possono essere recuperati spermatozoi da urine post-orgasmiche, previa dieta alcalinizzante con bicarbonato di sodio per almeno 24-48 ore.
In caso di aneiaculazione, può essere effettuato prelievo trans-uretrale dopo elettrostimolazione dell’apparato genitale.

 

Tecniche di recupero dei gameti maschili
PESA (Percutaneous Epididymal Sperm Aspiration)
MESA (Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration)
TESA/FNA (Testicular Sperm Aspiration/Fine Needle Aspiration)
TESE (Testicular Sperm Extraction) e micro-TESE

 

 

DIAGNOSI GENETICA PRE-IMPIANTO (PGD)  (14-15) 
Questa procedura consiste in una biopsia del trofo-ectoderma (ovvero delle cellule che daranno origine agli annessi placentari dopo l’impianto) allo stadio di blastocisti, per la diagnosi di anomalie cromosomiche numeriche o strutturali dell’embrione.
Trova indicazione in:

  • presenza in uno o entrambi i partner di un’anomalia numerica e/o strutturale dei cromosomi;
  • coppie ad aumentato rischio per: avanzata età riproduttiva della donna; aborti spontanei, ripetuti o ricorrenti; ripetuti fallimenti di impianto embrionale durante precedenti cicli di PMA.

La PGD prevede ovviamente il crio-congelamento dell’embrione e il transfer in utero nei cicli successivi.
In alternativa alla biopsia del trofo-ectoderma, la PGD può essere effettuata mediante:

  • analisi del blastomero allo stadio di 6-8 cellule;
  • recupero e analisi del 1° o 2° globulo polare; in quest’ultimo caso si tratta di diagnosi pre-concezionale, ossia prima della fusione dei pronuclei maschile e femminile, e si riferisce perciò soltanto alla partner femminile.

 

CRIO-CONSERVAZIONE DI GAMETI E EMBRIONI (6,16-19)
Queste tecniche permettono la conservazione delle cellule a tempo indeterminato. Per preservare le cellule dallo shock termico, provocato dal passaggio di stato dell’acqua, viene utilizzato un freezing medium, contenente specifiche sostanze crio-protettrici (tuorlo d’uovo, glicerolo, glicina), sale, zuccheri e antibiotico. Lo scongelamento prevede un graduale processo inverso. Indispensabile lo screening preliminare infettivologico.

Crio-conservazione degli spermatozoi
Lo spermatozoo si presta bene alla crio-conservazione, poiché all’interno della cellula è presente poca acqua. La procedura consiste nel portare il liquido seminale a temperature progressivamente più basse fino all’immersione in azoto liquido a -196°C; può essere effettuato con metodo rapido o con metodo lento, che prevede l’utilizzo di apparecchiature automatiche che portano al crio-congelamento con velocità controllata. In talune condizioni si può prendere in considerazione la crio-conservazione di campioni di tessuto testicolare.

Indicazioni: preservazione della fertilità in pazienti:

  • affetti da patologie neoplastiche o autoimmuni che devono essere sottoposti a terapie, in particolare chemio/radioterapia, in grado di alterare la funzione riproduttiva;
  • che devono subire interventi chirurgici in grado di alterare i meccanismi dell’eiaculazione (prostatectomia) o che si sottopongono a vasectomia;
  • inseriti in programmi di PMA;
  • donazione di spermatozoi.

 

Crio-conservazione degli ovociti
A differenza dello spermatozoo, l’ovocita ha una maggiore componente liquida, che rende più difficoltosa la crio-conservazione. Il crio-congelamento classico prevede il congelamento lento degli ovociti attraverso una progressiva riduzione della temperatura; la vitrificazione, invece, prevede un congelamento immediato, con raggiungimento di una temperatura pari a -196°C entro 1 minuto. Questa modalità limita ulteriormente l’esposizione degli ovociti a temperature critiche che si associano a cristallizzazione citoplasmatica.

Indicazioni: preservazione della fertilità in pazienti:

  • prima di interventi chirurgici, chemio/radioterapia, sospetto POF, ecc.);
  • inserite in programmi di PMA;
  • social freezing (rende possibile l’utilizzo in età più avanzata di ovociti di una donna ancora in età pienamente fertile);
  • donazione gameti.

Può essere effettuata anche la crio-conservazione del tessuto ovarico, il quale risulta meno suscettibile ai danni da congelamento rispetto agli ovociti e permette di preservare la funzione ovarica in toto.
La scelta della metodica più idonea va ovviamente valutata in base all’età della paziente, alla motivazione e al tempo a disposizione.

 

Crio-conservazione degli embrioni
Gli embrioni possono essere congelati al 2-3° giorno dopo la fecondazione oppure al 5° giorno allo stadio di blastocisti. La metodica è analoga a quella della conservazione dell’ovocita (rapido raggiungimento di una temperatura pari a -196°C).
Indicazioni: necessità di effettuare l’embrio-tranfer nei mesi successivi a quello del pick-up (effettuazione PGD, transfer successivi al primo).

 

FECONDAZIONE ETEROLOGA (20)
Tutte le tecniche di PMA possono essere effettuate anche ricorrendo alla donazione di gameti, sia femminili che maschili.
Le indicazioni cliniche alla fecondazione eterologa sono costituite da:

  • tutte le situazioni di sterilità comprovata di uno dei due partner o di entrambi;
  • i casi in cui la partner femminile è Rh-negativa e gravemente iso-immunizzata e il partner maschile è Rh-positivo.

I potenziali donatori e donatrici, oltre ad essere dotati di buona potenzialità riproduttiva, devono naturalmente essere sottoposti a uno screening genetico (cariotipo, ecc) e infettivologico (HIV, HCV, HbsAg, VDRL, ecc).
In Italia, solo pochi centri, pubblici e privati, offrono al momento disponibilità per la fecondazione eterologa, mediante una collaborazione con banche di gameti estere, dal momento che vi è scarsa reperibilità di donatori/donatrici.
Infine, variano da paese a paese le normative riguardanti l’eventuale anonimato e la scelta dei caratteri somatici del donatore/donatrice, il numero di coppie da trattare con i gameti di un donatore/donatrice, la possibilità di donare embrioni o di ricorrere a maternità surrogata.

 

BIBLIOGRAFIA

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