La sindrome di Klinefelter prende il nome dal medico statunitense che nel 1942 pubblicò i risultati delle sue ricerche su uomini che manifestavano testicoli piccoli, aumento del volume delle mammelle e diminuzione o mancanza di peli sulla superficie corporea. E’ una malattia caratterizzata dalla presenza di un cromosoma supplementare all’interno della coppia di cromosomi sessuali (eterocromosomi). L’uomo affetto, quindi, ha in totale 47 cromosomi, e non i normali 46, con tre eterocromosomi: due X e un Y (XXY). Nel 50% dei casi il cromosoma supplementare è di derivazione paterna, nel restante 50% è di derivazione materna.
Sono stati segnalati nella letteratura medica anche persone con due, tre, quattro cromosomi soprannumerari (XXY, XXXY, o XXXXY). In questi individui, le caratteristiche della sindrome di Klinefelter possono essere più o meno evidenti.
Le cause che portano allo sviluppo di un maschio-XXY non sono ancora del tutto note. Sembra che vi possa essere una relazione con l’età della madre al momento della gravidanza. Qualunque sia la causa, il meccanismo che conduce alla formazione di un embrione XXY è un errore durante la meiosi e la formazione dei gameti nei genitori.
L’anomalia cromosomica XXY ha una frequenza di 1 nascita su 500; nonostante ciò molti uomini che ne sono portatori vivono senza mai sospettare di avere un cromosoma supplementare.
Come si fa la Diagnosi?
Per porre diagnosi di Sindrome di Klinefelter è necessario eseguire lo studio del cariotipo ovvero dei cromosomi dell’individuo, analisi che si può effettuare in epoca prenatale, nella prima infanzia, durante l’adolescenza o in età adulta tramite un semplice prelievo di sangue.
Prima della nascita la diagnosi viene posta attraverso l’amniocentesi o il campione dei villi coriali; la prima infanzia rappresenta un momento in cui frequentemente si scopre la sindrome poiché quando il bambino comincia la scuola può presentare delle difficoltà comunicative e linguistiche che possono porre il sospetto di patologia nel pediatra.